venerdì 22 marzo 2013

Come si calcola il MOL?

Il MOL (Margine Operativo Lordo) o come indicato nella letteratura anglosassone EBITDA (Earnings Before Interests, Taxes, Depreciation and Amortization) rappresenta l’utile al netto degli interessi, imposte ed ammortamenti dei beni materiali (depreciation) ed immateriali (amortization). Poiché gli ammortamenti non costituiscono dei movimenti monetari (l’azienda non accantona fisicamente del denaro) il MOL rappresenta la liquidità che è disponibile per far fronte agli impegni che l’azienda ha nei confronti dell’Erario (le imposte) e delle Banche (gli interessi). Se il MOL non è abbastanza elevato da superare la somma imposte + interessi, l’azienda non avrà liquidità a sufficienza per farvi fronte … di qui la risposta della Banca.

In realtà, una valutazione più accurata dei flussi finanziari e della liquidità generata dall’azienda richiede la determinazione del Flusso di Capitale Netto Circolante (FCCN), della Variazione di Capitale Circolante Netto (VCCN), degli investimenti, dei rimborsi dei finanziamenti già ottenuti (la quota capitale) ed eventuali apporti di capitale sociale, ma per eseguirla è necessario disporre dei dati patrimoniali di inizio e di fine esercizio; per ciò si preferisce calcolare il MOL che richiede solo dati presenti nel conto economico.

sabato 16 marzo 2013

Come si calcolano i costi indiretti?

I Costi indiretti sono i costi che non si riescono a ricondurre direttamente ad un solo prodotto perché inerenti ad attività trasversali e di supporto alla produzione quali la contabilità, la gestione del personale, del magazzino, dei servizi generali, ecc.

Nell’approccio classico, escludendo quindi l’ABC (Activity Based Costing) di difficile applicazione nelle PMI, i costi indiretti sono imputati in base ai coefficienti di imputazione di volta in volta considerati più appropriati. 

Il costo del magazziniere, per esempio, potrebbe essere imputato in base al numero di spedizioni fatte: se le spedizioni dell’art. 1 sono state 20, 30 quelle dell’art. 2 e 35 per l’art. 3; all’art.1 sarà imputato il 23,5% del costo del magazziniere, il 35,3% all’art. 2 ed il restante 41,2% all’art. 3. Analogamente il costo del magazzino potrebbe essere imputato in base allo spazio occupato, i servizi generali in base al numero di pezzi prodotti, ecc.

Spesso si definiscono dei Centri di Costo Ausiliari per raggruppare più costi ed imputarli con un unico criterio di ripartizione (per esempio tutti i costi inerenti alla logistica o quelli della manutenzione degli impianti). Si cerca sempre di essere il più “giusti” possibile, ma non è possibile eliminare un certo grado di soggettività che si ripercuote sulla determinazione dei costi.

sabato 9 marzo 2013

Sono un autotrasportatore ed i clienti mi chiedono le offerte espresse in €/kg, come faccio?

Purtroppo il peso della merce trasportata influenza solo in minima parte il costo di un trasporto perché incide solo sul consumo del carburante; tutti gli altri costi (retribuzione dell’autista, ammortamento e manutenzione del mezzo, pedaggio, bollo ed assicurazione) non variano al variare della quantità di merce trasportata. In altre parole, il peso della merce trasportata non è un “cost driver”. La distanza percorsa, espressa in km, è invece un ottimo cost driver: da essa dipendono tutti i costi tipici di un trasporto ad eccezione del bollo e dell’assicurazione. Di solito, quindi, si determina il costo medio di un km e quindi si calcola il costo per kg km (ovvero il costo che si sostiene per trasportare un kg per una distanza di un km), dividendo il costo al km per il numero medio di kg che si trasportano (o si pensa di trasportare) per la tratta in esame tenendo conto delle caratteristiche del mezzo (portata e dimensione espressa in posti pallets) e della merce (media di kg/pallets).
Ne segue che più la merce da trasportare è voluminosa, più il costo a Km aumenta; infatti le tariffe prevedono spesso il rapporto peso/volume.
Moltiplicando il costo per kg km per la lunghezza del trasporto da quotare si ottiene il costo al kg della tratta in esame. Se la tratta non è al momento coperta c’è il rischio di fare il viaggio di ritorno “vuoti” … è ovviamente un costo da tener presente.

Dal costo al prezzo

Al momento di definire il prezzo da indicare nella ns. offerta siamo a conoscenza dei costi che andremo a sostenere grazie al lavoro che abbiamo fatto in fase di preventivo: abbiamo stimato i costi delle merci da acquistare e delle eventuali lavorazioni esterne che ci servono, abbiamo inoltre ipotizzato i tempi di realizzazione e i relativi costi. Ci ricordiamo, inoltre, che nell’ultima analisi di bilancio i costi avevano un’incidenza del x% (per esempio 75%) e che ciò garantiva un sostanziale pareggio del bilancio; in altre parole un margine di contribuzione del 25% (ovvero 1-x%) era sufficiente  a coprire i costi di struttura.

In queste situazioni molti maggiorano il costo ottenuto con il preventivo del 25% convinti di ottenere il prezzo che garantisca la copertura dei costi di struttura, ma così facendo incorrono in  un grave errore: gli indici calcolati nelle analisi di bilancio si riferiscono al fatturato, in altre parole al denominatore c’è il fatturato. Ipotizzando un costo di 80€ e maggiorandolo del 25% otteniamo un prezzo di 100€, ma tale valore garantisce un margine di contribuzione solo del 20%, ovvero (100€-80€)/100€. La formula da utilizzare è invece: prezzo = costo / x%, nell’esempio 80€/75%= 106,66€, infatti (106,66€-80€) / 106,66€ = 25%.

lunedì 4 marzo 2013

Cosa sono i Centri di Costo?

I Centri di costo (cdc) sono delle vere e proprie unità organizzative, predisposte per accogliere specifiche risorse umane, attrezzature, materiali, attività e costi.
 
La suddivisione dell'azienda in cdc può differire da quella in reparti; poiché hanno obiettivi diversi: la prima è la base della contabilità analitica, la seconda assicura la gestione operativa dell’azienda.

La definizione dei cdc deve rispettare i seguenti principi:
  • Responsabilità: ogni cdc deve avere un unico responsabile, che risponda dell'attività in esso svolta e del raggiungimento degli obiettivi prefissati. Più cdc possono fare capo ad un unico responsabile, in tal caso costituiranno un'area di responsabilità (reparto funzionale).
  • Chiarezza delle competenze: deve essere possibile attribuire, con precisione e semplicità, i vari costi ai singoli cdc. Se due reparti hanno in comune la manodopera e non è possibile rilevarne le quote, o è particolarmente difficoltoso, è opportuno costituire un solo cdc.
  • Omogeneità: ogni cdc deve essere omogeneo per quanto riguarda il tipo d’attività che vi si svolge, le macchine utilizzate e la composizione dei costi attribuiti. Un cdc non può comprendere macchine automatiche e macchine manuali, oppure linee continue con macchine a posto di lavoro singolo anche se svolgono la stessa lavorazione (per esempio torni a barre e torni paralleli).

Meglio un report a sezioni contrapposte o uno a scalare?

Un report a sezione contrapposte è una stampa su due colonne (in inglese T-account o double-entry table) in cui sono elencate voci di due categorie “opposte”: nel Conto Economico sulla sinistra (colonna dare, segno +) sono elencati i costi mentre a destra (avere, segno -) sono elencate i ricavi; nello Stato Patrimoniale a sinistra sono elencate le attività (dare, +) ed a destra le passività (avere, -).
Un report a scalare ha una sola colonna in cui le voci sono raggruppate in famiglie omogenee (costi variabili, costi fissi, valori inerenti la gestione finanziaria, ecc.) al fine di determinare valori calcolati come differenza e chiamati Margini e Redditi.
Il report a sezione contrapposte è forse più “istintivo”, ma per la valutazione reddituale (CE) è sicuramente preferibile utilizzare la forma a scalare, non a caso dal 01/01/2004 l’art. 2425 c.c. prevede un CE a scalare mentre prima ne prevedeva uno a sezione contrapposte. Per quanto riguarda invece la valutazione patrimoniale è preferibile la forma a sezione contrapposte con l’accortezza, però, di indicare a sinistra i fondi di ammortamento a decurtazione dei valori storici ed il fondo di svalutazione crediti nelle attività a riduzione dei crediti.
Raggruppando in modo diverso le voci contabili si ottengono CE diversi (a valore aggiunto, a margine di contribuzione, ecc.) a seconda delle grandezze determinate.

Full Costing vs Direct Costing

Il Direct Costing (DC) determina il costo dei beni prodotti o dei servizi erogati come somma dei costi direttamente connessi al bene/servizio in esame, sono costi differenziali: se il bene/servizio in esame non fosse prodotto/erogato tali costi non vi sarebbero. Il Full Costing (FC), invece, determina “un” costo del bene/servizio onnicomprensivo, che tiene quindi conto di tutti i costi aziendali. La ripartizione dei costi fissi è ottenuta attribuendo ai singoli beni una quota dei vari tipi di costi fissi attraverso criteri d’imputazione che purtroppo hanno sempre un margine di soggettività (per esempio: è più corretto imputare il costo del riscaldamento in base ai m2 di area utilizzata o al valore del bene/servizio?). Cambiando la ripartizione dei costi fissi si ottengono costi diversi!
Il DC è l’ideale per le valutazioni di Make or Buy, ma per determinare in sede di offerta il prezzo di vendita è necessario conoscere il Margine di Contribuzione desiderato; il FC è sufficiente a determinare il prezzo ma richiede un uso assai accorto in sede di analisi degli scostamenti fra budget e consuntivi.
Spesso si cerca un compromesso fra le due soluzioni estreme e si utilizza un costo che tenga conto dei soli costi fissi inerenti alla produzione che presentano meno rischi di soggettività nella ripartizione dei costi.