sabato 9 novembre 2013

L'importanza di fare esperienza prima di avviare il passaggio generazionale in azienda

Nel preparare il passaggio generazionale in azienda troppo spesso si sottovaluta l’importanza di dare allo Junior la possibilità di fare esperienze in altra aziende diverse da quella che erediterà. Il tal modo, infatti, gli si impedisce di conoscere strutture organizzative, procedure e modalità operative, stili di leadership diversi da quelli paterni. Gli si nega, quindi, la possibilità di fare i confronti fra le varie soluzioni. Ciò è deleterio a prescindere dal fatto che le soluzioni “paterne” siano quelle giuste, perché lo Junior non è in grado di valutarne i punti di forza e li considera dei dogmi. 

Se il passaggio generazionale è caratterizzato da antagonismo fra le due generazioni, lo Junior farà di tutto per proporre soluzioni alternative a quelle paterne in quanto dogmi e non soluzioni valide. 

Se, invece, il passaggio generazionale “va tutto liscio” lo Junior non metterà mai in discussione tali soluzioni nemmeno quando per le mutate condizioni di mercato saranno diventate obsolete: saranno dei dogmi scritti nella pietra e pertanto impossibili da mettere in discussione. Il passaggio generazionale in azienda è statisticamente una grave minaccia (solo il 24% riesce), ma può essere anche una grande opportunità di far entrare nuove idee e una mentalità più giovane ed al passo con i tempi e le tecnologie: non sprecatela.

martedì 15 ottobre 2013

Quali sono le dimensioni del problema legato al passaggio generazionale in azienda?

Con  il termine “passaggio generazionale” s’intende la transizione del “comando” dell’azienda dall’attuale imprenditore ad un’altra persona molto più giovane, molto spesso uno dei figli. E’ una fase molo critica: gli studi condotti sull’argomento mostrano che solo il 24%1) delle aziende supera il primo passaggio generazionale e solo il 14%1) supera il secondo. A fronte del 70%1) degli imprenditori che hanno un discendente in azienda, ben 80%1) degli imprenditori considera il passaggio generazionale un fenomeno difficile se non impossibile da gestire. A tale proposito è interessante notare che la prima generazione (quella che fonda l’azienda) si ritira, in media, dopo 322) anni di mentre la seconda generazione solo dopo 212). È la conseguenza del ritardo con cui è avvenuto il passaggio generazionale: il 49%2) degli imprenditori non si ritira mai. Il passaggio generazionale, per il nostro Paese, dove le PMI concorrono per oltre il 70%3) del Valore Aggiunto e occupano il 90%5) dei lavoratori è un vero e proprio fenomeno sociale: si stima che ogni anno circa 66.0001) imprese familiari siano coinvolte nel passaggio generazionale, se si considera che nel 2008 il numero medio di addetti per azienda era di 4.14), ogni anno il fenomeno coinvolge circa 270.000 lavoratori.

1)    G Corbetta, L. Gnan, D. Montemerlo, Indagine sulle imprese familiari di piccole e medie dimensioni secondo il modello di indagine MassMutual, 1999
2)  Il passaggio generazionale nelle aziende, Corso di Economia Aziendale a.a. 2010-2011 Sergio Paternostro Università degli Studi di Siena Dipartimento di Studi Aziendali e Sociali
3)  Fonte ISTAT Annuario statistico italiano 2010 Capitolo 24, Rilevazione sulle piccole e medie imprese e sull’esercizio di arti e professioni; Rilevazione sul sistema dei conti delle imprese
4)    Fonte ISTAT Noi Italia 2011
5)    Fonte ISTAT Censimento generale dell’industria e dei servizi 2001 Tavola Italia

Quali sono le cause più frequenti di fallimento del passaggio generazionale?

Innanzi tutto è bene precisare che il passaggio generazionale (pg) comporta spesso un riassetto organizzativo profondo e che può coincidere con una delle crisi di crescita che le aziende devono superare durante la loro vita (a tal proposito Larry Greiner ha messo a punto un modello molto efficace) e questo potrebbe comportare delle notevoli complicazioni. Tralasciando, quindi, tutte quelle cause indipendenti dal mero pg, ma che possono influenzarlo pesantemente (problemi legati alla situazione economica o finanziaria, problemi legati al mercato o al ciclo produttivo, ecc) e focalizzando l’attenzione solo al pg, una delle cause più frequenti è la sua mancata gestione (si possono distinguere pg programmati, rimandati, elusi e con abdicazione); il rapporto fra senior ed junior è un’altra delle cause principali (è possibile identificare pg all’insegna della continuità oppure pretesi, traumatici o coinvolgenti). La struttura organizzativa dell’azienda (sovrapposizione dei ruoli fra famiglia, proprietà e manager) e della famiglia (numero di senior e di junior coinvolti) sono invece le variabili che intervengono nel caratterizzare il pg rendendolo di fatto “unico”. È quindi impossibile definire “una ricetta valida per tutti”, è necessario valutare ogni caso come a se stante e programmarlo adeguatamente.

sabato 10 agosto 2013

Come si determina il BEP in caso di due prodotti?

Ricordo che il BEP (Punto di Pareggio) è il fatturato che garantisce la copertura di tutti i costi e, quindi, assicura il risultato di parità. Nel caso di due prodotti (A e B), il BEP si ottiene imponendo l’eguaglianza fra il fatturato totale ed i costi totali

Fatturato Totale = PA x QA + PB x QB
Costi Totali = CA x QA + CB x QB + CF

dove:
PA e PB sono i prezzi di vendita dei due prodotti, 
QA e QB le quantità vendute
CA e CB sono i costi che si sostengono per realizzare i due prodotti 
CF sono i costi fissi

Con qualche passaggio matematico si ottiene che:

QA = CF / (PA-CA) – (PB-CB) / (PA-CA) x QB

tale formula consente di conoscere quanti pezzi di A devo vendere (per raggiungere il pareggio) in funzione del numero di pezzi venduti di B. 

Se la quantità venduta di A è superiore a quella indicata dalla formula, si supera il BEP e quindi si ha un utile; in caso contrario si ha una perdita. 

Se il prezzo di vendita dei prodotti è maggiore dei relativi costi di produzione, il QA decresce con il crescere di QB; in caso contrario QA cresce al crescere di QB perché ne deve coprire le perdite.

Dal punto di vista grafico la determinazione del BEP è data dalla retta che si ottiene dall’intersezione di due piani inclinati.

sabato 3 agosto 2013

Quale richiesta mi conviene evadere?


D: Ho una linea di produzione sola con cui realizzo due prodotti, ma non riesco a far fronte a tutte le richieste, quali mi conviene evadere?

R: Per comodità indichiamo con A e B i due prodotti, innanzi tutto è necessario conoscere i margini di contribuzione di primo livello (MC1) dei due prodotti ovvero la differenza fra i prezzi di vendita ed i costi differenziali (ovvero che si sostengono solo se si realizzano): ipotizziamo che per A sia 2 € e per B sia 1,5 €. 

Se la linea di produzione necessita lo stesso tempo a realizzare i due prodotti, conviene evadere tutte le richieste del prodotto A e solo “quelle che si riesce” del prodotto B. 

Se, invece, il tempo di produzione è diverso è necessario tenerne conto poiché è la “risorsa scarsa”: s’ipotizzi che per produrre A siano necessari 45 sec, mentre bastino 30 sec per B. In un’ora di produzione, quindi, è possibile produrre 80 pezzi di A e 120 pezzi di B. Moltiplicando tali valori per il MC1 di A e di B è possibile calcolare il MC1 che si ottiene producendo per un’ora A o B. La produzione di A vale: 80 x 2 = 160 €, mentre per B si ha 120 x 1,5 = 180 €. Ne segue che produrre B, pur avendo un MC1/pezzo inferiore, garantisce un maggior utile aziendale perché “sfrutta meglio” la risorsa scarsa (la linea di produzione). 

L’individuazione delle risorse scarse e la loro ottimizzazione porta spesso grandi vantaggi con poco sforzo.