mercoledì 12 dicembre 2012

Cos’è il Valore Aggiunto?

Prima di poter illustrare il concetto di Valore Aggiunto (o plusvalore) è necessario chiarire cosa sia il Valore di un bene o di un servizio. Adam Smith (1723-1790) formula la prima teoria del valore sostenendo che la visione fisocratica (per la quale il valore del bene è pari al valore del lavoro necessario a produrlo) non è valida in un mondo industrializzato in cui il valore di un bene è pari al valore del lavoro che è possibile ottenere in cambio. Non è questa la sede per una discussione di tipo filosofico o per evidenziare l’errore commesso da Karl Marx (1818-1893) in un passaggio matematico nella formulazione della sua Teoria del Valore (Appunti di lezioni di Analisi Economica, E. Bellino 2006), ma è importante sottolineare come sia possibile dare definizioni diverse al concetto di Valore (e quindi di Valore Aggiunto) a seconda di come si affronta il problema; il Valore Aggiunto può essere calcolato secondo due diversi punti di vista:
Produttivo: sottraendo dal valore dei beni e servizi prodotti (Ricavi) il valore dei beni e servizi necessari per produrli ovvero: Valore Aggiunto = Ricavi – Costi Materie Prime – Costi Servizi
Reddituale: sommando i redditi che vengono distribuiti ai fattori della produzione, ovvero Valore Aggiunto  = Costo Mano d’opera (reddito delle famiglie che con il loro lavoro partecipano alla produzione del bene/servizio) + Oneri Finanziari (remunerazione delle Banche che hanno prestato i soldi necessari alla realizzazione degli investimenti/macchinari utilizzati nel processo produttivo) + Tasse (versate allo Stato in cambio dei servizi di pubblica utilità) + Utili (remunearzione dell’impresa che ha gestito l’intero processo produttivo)
Dal punto di vista matematico l’eguaglianza dei due metodi è conseguenza del fatto che il sistema economico è un sistema a somma zero: le entrate di un attore economico corrispondono alle uscite di un altro.

Che differenza c’è fra macro e microeconomia?

La macroeconomia studia le relazioni fra gruppi omogenei di “attori economici” e, in particolare, ne individua quattro:
  • le imprese: che producono ogni sorta di bene e servizio.
  • le famiglie: che acquistano i beni e i servizi con il reddito derivato dal lavoro prestato nelle imprese.
  • le banche: che gestiscono il risparmio delle famiglie e finanziano gl investimenti dfelle imprese.
  • lo stato: che eroga i servizi di pubblica utilità a fronte delle incassate tasse e realizza opere di pubblica utilità attraverso la spesa pubblica.
La microeconomia, invece, studia ciò che avviene fra un operatore economico e “tutti gli altri”.
Dal punto di vista cronologico è “nata prima” la macroeconomia come ambito di studio della fiolosofia: fra i primi scrittori “economici” si citano il poeta Esiodo del VIII sec. a.C., San Tommaso d’ Acquino (1225-1274), lo stesso Adam Smith (1723-1790) era un filosofo.
In seguito l'economia è diventata una materia “matematica” ed i modelli sono diventati via via più complicati a seguito della necessità di rappresentare la complessità dei rapporti fra i singoli attori economici e la numerosità delle variabili da prendere in considerazione.
La microeconomia è nata come “conseguenza” della prima rivoluzione industriale (1760-1830): solo con l’introduzione dei grandi impianti industriali l’offerta di beni ha superato la domanda locale degli stessi e, quindi, s’è posto la necessità di trovare un mercato ai beni prodotti con tanta inusitata efficienza.
In sintesi: la macroeconomia è l’economia che guida le scelte di politica economica mentre la microeconomia è quella che guida le scelte del singolo imprenditore.